“La legge del mare” di Annalisa Camilli

Rubrica “Libri oltre le frontiere”
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“La legge del mare”
di Annalisa Camilli

In mare non ci sono stranieri o cittadini, clandestini o rifugiati, ma solo naviganti e naufraghi. I primi sono costretti da una legge naturale a soccorrere i secondi. Perché, come nel riflesso di uno specchio, tutti i naufraghi sono stati naviganti, tutti i naviganti potrebbero diventare naufraghi.

Poi qualcosa è cambiato. Annalisa Camilli, giornalista di Internazionale che da alcuni anni segue i migranti in viaggio per e attraverso l’Europa raccogliendo e raccontando le loro storie, ripercorre nel libro appena pubblicato “La legge del mare” (Rizzoli, 2019) il cambiamento del discorso pubblico che ha portato alla criminalizzazione dei soccorsi nel Mediterraneo.

C’è un anno preciso, il 2017, nel quale le Ong impegnate nelle attività di salvataggio da “angeli del mare” si sono trasformati in “taxi del mare” o “vice-scafisti”. L’autrice segna le tappe di questo processo, fatto di campagne mediatiche, di indagini di procure poi archiviate, di dichiarazioni di politici sui social, di navi sequestrate, dei casi della Aquarius e della Diciotti, fino all’episodio forse più emblematico di questa mutazione del linguaggio e distorsione della realtà: Josefa, la donna camerunense soccorsa da Open Arms nel luglio del 2018, la cui storia e sofferenza è stata calpestata (oltre che dalle responsabilità della guardia costiera libica) dalla strumentalizzazione delle sue unghie rosse di smalto, quello smalto messo dalle operatrici della Ong per alleviare le lunghe ore di viaggio sulla nave prima di arrivare alla terraferma. Annalisa Camilli era a bordo della nave Open Arms, a differenza di coloro che, partendo dal colore intenso dello smalto e con un chiaro intento denigratorio, hanno descritto su Twitter Josefa come un’attrice, che ha messo in scena un finto naufragio.

“La legge del mare” è un libro dettagliato, che racconta fatti e descrive persone reali, arricchito da note che riportano i link degli articoli e dei documenti citati. Un libro frutto di un giornalismo d’inchiesta e di narrazione, di cui abbiamo tanto bisogno. Questa è l’epoca della post verità: i fatti oggettivi hanno meno influenza nella formazione dell’opinione pubblica rispetto all’appello alle emozioni e alle convinzioni personali, spesso frutto di disegni comunicativi costruiti a tavolino. Più in generale, la svalutazione di qualunque idea di competenza, la perdita di valore delle agenzie “di verità” tradizionalmente riconosciute, porta ad infinite verità equiprobabili, che abitano in particolare i social network e che pretendono di essere uniche e autentiche. E così si insinua il dubbio.

Quale effetto hanno le narrazioni di senso comune sul fenomeno migratorio, gli immaginari mediatici o un certo tipo di letture e di strumentalizzazioni politiche? Le parole hanno un peso: nel caso dei soccorsi in mare, l’insinuazione del dubbio ha portato ad una progressiva disumanizzazione e criminalizzazione sia dei migranti che fuggono da situazioni di pericolo o disperazione, sia di coloro che li soccorrono. Torniamo allora a dare peso alle parole di chi è testimone, di chi è professionista, cercando informazioni e approfondimenti, e dubitando invece di qualsiasi semplificazione.

Recensione a cura di Elisa Fiorani